Hajira, dall’Afghanistan all’Italia: prego ogni giorno per il mio Paese

Hajira è una giovane ragazza afghana di 20 anni che a ottobre è riuscita ad arrivare in Italia, dove adesso studia ‘Global Humanities’ in una prestigiosa università. Hajira ama il suo percorso di laurea e coltiva quotidianamente le sue passioni più grandi, tra cui la lettura, il disegno e la cucina. Il suo sogno è quello di diventare un’imprenditrice indipendente: “voglio avere un futuro e una vita migliori e finiti gli studi vorrei lavorare per organizzazioni umanitarie impegnate ad aiutare migranti, donne e bambini”.

Uno dei desideri più grandi di Hajira è quello di lavorare per insegnare alle donne a costruire il loro futuro e ad avere consapevolezza della loro forza. In Italia la giovane si trova bene, ma non passa giorno che non preghi per suo padre, rimasto in Afghanistan.

Hajira: finiti gli studi vorrei lavorare per un’organizzazione umanitaria

“Sono molto preoccupata per mio padre - ha raccontato a Losapevateche? - così come per altre persone rimaste nel mio Paese, in particolare sono preoccupata per le donne. Mi piace moltissimo il mio percorso di studi e adoro leggere ogni giorno, tuttavia per me è difficile concentrarmi al 100% dal momento che sono sinceramente in pensiero per la sicurezza e l’incolumità di mio padre”.

Altri tuoi amici sono riusciti ad arrivare in Italia? “Pochi di loro sono riusciti ad arrivare qui. Sono molto triste per il mio Paese, prego ogni giorno perché la situazione migliori. Purtroppo non ho idea di come le cose possano evolvere”. Fortunatamente Hajira riesce a parlare spesso sia con il padre che con “alcune amiche quando riescono a connettersi a Internet”.

'È stato veramente difficile lasciare il mio paese per mettermi in salvo'

Ripensando al giorno in cui ha dovuto lasciare la sua città ricorda perfettamente la tristezza che ha provato: “È stato veramente difficile e triste lasciare la mia casa e il mio Paese per mettermi in salvo. Allo stesso tempo, però, ero felice perché sapevo che sarei andata in un luogo dove la mia vita non sarebbe più stata in pericolo, dove mi sarei sentita libera e dove avrei potuto continuare a studiare, nel pieno rispetto dei miei diritti”.

Prima di arrivare in Italia, Hajira studiava economia aziendale all’American University of Afghanistan e già aveva diversi obiettivi per il suo futuro, ma nel momento in cui i talebani sono arrivati a Kabul e al campus universitario “tutti i miei sogni sono volati via”. “Ho sempre voluto essere un'imprenditrice per aiutare altre donne afghane a ottenere un’istruzione adeguata, così da diventare forti e indipendenti, per poi trovare delle opportunità lavorative, perché il progresso di una società dipende anche dal progresso delle donne. La maggior parte delle donne in Afghanistan non è finanziariamente indipendente e non è coinvolta nel settore degli affari”.

'Il progresso di una società dipende anche dal progresso delle donne'

Attualmente, ha aggiunto, la situazione nel Paese “non è buona. Le donne sono private dei loro diritti fondamentali. Non possono andare a scuola, né all'università e non possono lavorare fuori casa. Il diritto alla libertà di espressione è stato portato via alla maggior parte delle persone. In molti hanno perso il lavoro e ora sono disoccupati. La situazione economica sta peggiorando. Inoltre, sono in pericolo le vite delle minoranze etniche come il popolo Hazara”.

Facendo un salto nel passato… Cosa ricordi della tua adolescenza? “Ricordo la speranza, l'ottimismo e tanti momenti belli. Avevo molti sogni e obiettivi per me stessa, così come per la mia società e il mio Paese. Ho affrontato molte sfide e ostacoli” eppure “non mi sono mai arresa e ho sempre sperato nel progresso della mia società e del mio Paese. Ho incoraggiato altre ragazze a difendere i loro diritti perché volevo che avessero gli stessi diritti dei ragazzi. Avevo tanti buoni amici in Afghanistan che la pensavano proprio come me. Quando andavo alle superiori facevo volontariato” in diverse organizzazioni umanitarie per la formazione e l’istruzione dei giovani.

Da piccola hai mai dovuto rinunciare a qualcosa per via delle imposizioni del tuo Paese oppure ti sei sempre sentita libera? “Anche prima di quest'estate non mi sentivo libera la maggior parte del tempo. In quanto ragazza ho affrontato molte sfide”. Un esempio? “Ero un formatore volontario e dovevo andare in diverse province per tenere i corsi di formazione, ma non è accettabile in Afghanistan che una ragazza viaggi da sola e senza Mahram, ovvero un uomo della famiglia pronto ad accompagnarla negli spostamenti. Ho comunque viaggiato da sola opponendomi a questa convinzione”.