Le teste di frutti e fiori (e tanti altri capolavori) di Arcimboldo in mostra a Roma

E' stato uno dei protagonisti della cultura manierista internazionale, considerato il più importante antesignano del Dadaismo e del Surrealismo, famoso in tutto il mondo soprattutto per le famose “teste composte” di frutti e fiori: Arcimboldo.

Per la prima volta a Roma, grazie all'esposizione allestita - fino all’11 febbraio 2018 - a Palazzo Barberini, si potranno ammirare alcuni suoi capolavori autografi, disegni e dipinti provenienti da Basilea, Denver, Houston, Monaco di Baviera, Stoccolma, Vienna, Como, Cremona, Firenze, Genova e Milano.

La mostra “Arcimboldo”, organizzata dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica e da Mondo Mostre Skira, è a cura di Sylvia Ferino-Pagden, tra le maggiori studiose dell'artista e già Direttore della Pinacoteca del Kunsthistorisches Museum di Vienna, con la direzione scientifica delle Gallerie.

Pittore, ma anche poeta e filosofo, Giuseppe Arcimboldo (Milano, 1526-1593) si formò alla bottega del padre, nell’ambito dei seguaci di Leonardo da Vinci, e fu molto apprezzato anche dalle corti asburgiche di Vienna e Praga, tanto da guadagnare persino il titolo nobiliare di “Conte Palatino”.

Dalle “Stagioni” agli “Elementi”, dal “Giurista” a “Priapo (Ortolano)” al “Cuoco”, senza dimenticare i ritratti, l’arazzo di Como e le vetrate del Duomo di Milano, esposte al pubblico circa un centinaio di opere suddivise in sei sezioni: 'L'ambiente milanese', 'A corte tra Vienna e Praga', 'Studi naturalistici e Wunderkammer', 'Teste Reversibili', 'Il bel composto' e 'Pitture Ridicole'. Inoltre, in mostra non mancheranno poi i suoi disegni acquerellati per le feste di corte.

“Le teste composte di Arcimboldo racchiudono una molteplicità di punti di vista”, ha spiegato la curatrice Ferino-Pagden nell'Introduzione. “Guardando la testa da lontano, che sia raffigurata di profilo, di fronte o di tre quarti, l’osservatore ne coglie la forma complessiva, spesso mostruosa, ma solo dopo essersi avvicinato inizia a notare la resa accurata dei singoli oggetti che la compongono. Ognuno di essi - ha aggiunto - fiori, frutti, pesci, animali vari, ferri per caminetto, segnalibri, fasci di fogli, cannoni e molto altro ancora, contribuisce al significato della rappresentazione, sia che si tratti della caricatura di un individuo o di un mestiere, di una stagione, di un elemento naturale, di un’allegoria, di una testa reversibile o di una natura morta”.

“Ognuno di questi oggetti, accuratamente scelti - ha proseguito la curatrice - si intreccia o si sovrappone, gareggiando con gli altri per ottenere un ruolo preciso all’interno del dipinto e accentuarne l’impatto complessivo. Il metodo compositivo è una tecnica utilizzata in aree geografiche e periodi storici diversi, dall’arte antica alle miniature persiane, dall’India dell’impero Moghul fino al Giappone della scuola Utagawa e dei suoi seguaci”.

La sostituzione dei tratti del volto con altri oggetti è anche un artificio letterario utilizzato nel Vecchio Testamento e nella poesia antica, che godeva di grande popolarità nel Cinquecento, l’epoca di Arcimboldo. La creazione di questi 'mostri' si basava su premesse e motivazioni molto diverse a seconda del contesto culturale di provenienza e, sebbene queste opere condividano principi di accumulazione simili, non dobbiamo cedere alla tentazione di attribuire a tutte lo stesso significato”, ha precisato Ferino-Pagden, ricordando inoltre che “quando i dadaisti e i surrealisti riscoprirono Arcimboldo, lo considerarono un antesignano della loro arte”.